Pensare al futuro anche in epoca di COVID-19

PENSARE AL FUTURO ANCHE IN EPOCA COVID-19
Sara Santilli, Salvatore Soresi, Laura Nota, Maria Cristina Ginevra, Ilaria Di Maggio
Universtità di Padova

La società nella quale viviamo si caratterizza per condizioni di incertezza, complessità e cambiamento, fenomeni associati alla globalizzazione e alla disuguaglianza, che hanno impatti a carico del benessere di persone, gruppi e comunità. Sperimentiamo una molteplicità di problematiche, quali povertà, barriere oggettive e soggettive, personali e sociali, tassi elevati di emigrazione e immigrazione, sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, livelli consistenti di eterogeneità sociale, accentuata competitività e precarietà, interconnesse e interagenti, con conseguenze ancora più consistenti.

Lo sfruttamento delle risorse naturali sta superando le possibilità del nostro sistema di rigenerarsi e stiamo diventando consapevoli che la vita sulla terra è a rischio. Per altro oggi l’esperienza associata al coronavirus (Covid-19), la pandemia mondiale, sembra essere in relazione ad una inadeguata gestione degli ecosistemi; un numero sempre più consistente di esperti sottolinea come situazioni come queste diventeranno in futuro sempre più frequenti a causa degli squilibri creati a livello di ecosistema e delle ‘interazioni’ inadeguate tra uomo e ambiente. Ricercatori e ricercatrici ci fanno sapere che una invasione indebita e predatoria nella vita naturale ha creato delle condizioni favorevoli al cosiddetto ‘salto di specie’ dei virus (Capua, 2019). E tutto questo insieme a condizioni di vita abbruttite dalle disuguaglianze e da scambi e relazioni incentrate su aspetti strettamente economici non potranno che enfatizzare le conseguenze negative di ciò che stiamo vivendo.

Alla luce di ciò appare fondamentale rafforzare la nostra attenzione al lavoro, al futuro e alle idee progettuali, dando valore a sforzi generativi e a processi di costruzione di esperienze lavorative e contesti professionali che tengano conto di questioni che da più parti vengono considerate le uniche traiettorie possibili: inclusione e sostenibilità.

Per immaginare e rappresentarsi il futuro, soprattutto in presenza di tassi elevati di incertezza, può essere opportuno organizzare contesti all’interno dei quali poter riflettere e consentire di pensare criticamente a ciò che potrebbe accadere. La cultura neoliberista e i miti da essa promossi hanno, tra l’altro, favorito, come abbiamo già evidenziato, letture semplicistiche e riduttive dello sviluppo e della realizzazione umana insieme a visioni edonistiche e narcisistiche della realtà. L’idea che di fatto viene così promossa, quella del life is now, suggerisce di sfruttare al massimo il presente e di occuparsi narcisisticamente di esso deridendo, quasi, tutte quelle posizioni che, di contro, suggeriscono di pensare anche a lungo termine, agli impegni e ai sacrifici che potrebbero essere ritenuti sopportabili in funzione di gratificazioni e vantaggi futuri.

Per far registrare condivisioni crescenti nei confronti di un modo diverso di pensare al presente e al futuro è probabilmente necessario, come suggerisce anche Pulcini (2019), sollecitare l’avvio di progetti collettivi, il dar vita ad azioni comuni che ci permettano di intravedere futuri di qualità per tutti e tutte e per i nostri contesti di vita. Diventa dunque di vitale importanza conoscere, comprendere ed essere consapevoli di ciò che sta accadendo oggi per non cadere nella condizione oppiacea dell’ignoranza. Abbiamo bisogno di una padronanza concettuale che ci consenta di interpretare l’era globale dell’Antropocene, considerando la complessità e l’interdipendenza degli eventi, dove un avvenimento locale può avere ripercussioni a livello globale e viceversa, e dove si registra uno stretto intreccio fra le nostre vite e le vite di chi vive in altri continenti, fra il destino dell’umanità e quello del pianeta (Deleuze-Guattari, 2017). Per far ciò è necessario che le attività di orientamento nello specifico possano attivare nelle persone la responsabilità di dichiarare a se stesse e di ‘manifestare’ all’interno del contesto in cui vivono le proprie aspirazioni per un mondo migliore e uno sviluppo di qualità e sostenibile per tutti. Appare evidente che abbiamo bisogno di coinvolgere le persone che stanno sperimentando disuguaglianze e forme di marginalizzazione nella vita lavorativa, per promuovere le capacità di analizzare criticamente alcune delle sfide odierne e quelle che ci attendono nel prossimo futuro, le condizioni sociali che contribuiscono alle disuguaglianze economiche e sociali. L’orientamento dovrebbe dunque favorire la consapevolezza dei fattori contestuali e strutturali che possono rappresentare delle barriere alla vita umana e al suo sviluppo così come alla progettazione del futuro, dando spazio e valore ad una idea di lavoro improntata su dignità, equità, diritti, inclusione.

In accordo con Blustein et al. (2019) riteniamo che gli interventi di orientamento dovrebbero essere realizzati il più precocemente possibile, con finalità educative, dalla scuola dell’infanzia in avanti, con l’intento non tanto di far pensare a ‘cosa fare da grande’, ma di promuovere consapevolezza, riflessività, condivisione, senso di responsabilità sociale per quanto sta accadendo, aspirazioni per un mondo migliore, stimolando partecipazione attiva e un processo di co-costruzione (Soresi, in press), con attività laboratoriali.

Alla luce di quanto più sopra riportato, è stato messo a punto all’interno del Laboratorios LaRIOS dell’Università degli studi di Padova il progetto “Pensare al lavoro e al futuro anche in epoca di Covid-19’ al fine di stimolare in un gruppo di giovani che stanno sperimentando situazioni di precarietà idee di progettualità del futuro che prevedano anche un senso di comunità e di solidarietà con gli altri e la propensione di creare alleanze per un futuro migliore. Tramite attività laboratoriali, il progetto ha cercato di dare spazio e tempo alla riflessione, alle aspirazioni, al pensiero critico, all’apprendimento di strumenti concettuali, emozionali e comportamentali utili per comprendere il presente, ma anche per immaginare e costruire un futuro inclusivo e sostenibile, dando voce alle persone, e permettendo alle stesse di delineare la propria ‘mission possible’, le loro intenzioni, propositi e progetti futuri.

Nello specifico il progetto ha coinvolto circa 20 persone in situazione di precarietà professionale e si è articolato in cinque incontri telematici di cui due individuali e tre incontri di piccolo gruppo (da un minimo di 4 a un massimo di 6 partecipanti). Nello specifico nel primo incontro, di tipo individuale, si è messo in evidenza la condizione sperimentata attualmente dalla persona, le esperienze formative e lavorative e di ricerca del lavoro maturate, la valutazione che la stessa dà di queste esperienze, la visione del futuro e le speranze nutrite, dando inizio anche a forme di riflessività su quanto vissuto.

Nel secondo incontro, di piccolo gruppo, si sono aiutati i partecipanti a considerare le condizioni contestuali improntate a precariato, disuguaglianza, lavoro poco dignitoso, e di stimolarle ad analizzare alcune delle situazioni vissute alla luce di questi fenomeni sociali, così da ridurre la percezione che ciò che si sperimenta sia dovuto unicamente a ‘responsabilità individuali’.

Nel terzo incontro si sono analizzate le minacce presenti nel contesto lavorativo e le nuove minacce che stanno emergendo dalla situazione pandemica che stiamo sperimentando da fine febbraio, mettendo al centro dell’attenzione i diritti umani e dei lavoratori, l’idea di lavoro dignitoso e di inclusione, e il valore che questi temi possono avere per le aspirazioni professionali, così da stimolare una visione del mondo del lavoro diversa e rigenerativa, in sintonia con quanto auspicato da ricercatori e dalle istituzioni internazionali.

Durante il quarto incontro, condotto in gruppo, si è preso in esame l’idea di ‘imprese per il futuro’, al fine di stimolare un ‘guardare oltre il presente’, di individuare sfide e minacce di cui ci si potrebbe occupare nel proprio futuro, per migliorare la vita di tutti.

Nel quinto ed ultimo incontro individuale i partecipanti hanno descritto una propria “mission possible” che può essere intraprese nel prossimo futuro, in termini di azioni che la persona potrebbe essere desiderosa di svolere, e anche di imparare, e dei supporti che potrebbero essere importanti per aiutarla ad agire in tal senso.

Il progetto nel complesso si è proposto di aiutare le persone che stavano sperimentando la situazione di precarietà durante la pandemia, a guardare fuori di sé, a procrastinare gratificazioni in vista del perseguimento di obiettivi rilevanti ascrivibili anche ‘al bene comune’, al potenziamento della cittadinanza attiva, e della partecipazione, attivando nelle persone la responsabilità di dichiarare a se stesse e di ‘manifestare’ all’interno del contesto in cui vivono le proprie aspirazioni per un mondo migliore e uno sviluppo di qualità e sostenibile per tutti.