Le dimensioni del lavoro dignitoso: capitale psicologico, employability e meaningful work.

A cura di Paola Magnano, Giuseppe Santisi, Rita Zarbo e Andrea Zammitti

Ogni persona che lavora o che sia in cerca di lavoro, qualunque sia la sua provenienza o la sua occupazione o il suo livello di abilità, ha un’idea di ciò che rende un lavoro dignitoso (Anker et al., 2003). Il concetto di lavoro dignitoso, introdotto per la prima volta nel 1999 dal Direttore generale dell’ILO alla Conferenza Internazionale del Lavoro, si configura nell’opportunità per le donne e per gli uomini di ottenere un lavoro produttivo in condizioni di libertà, equità, sicurezza e rispetto dei diritti umani (Anker et al., 2002, 2003).

L’idea di lavoro decente, così definita, include esplicitamente, secondo Anker et al. (2003) sei dimensioni associate al lavoro:

  1. Il lavoro dignitoso non è possibile senza lavoro (qualsiasi attività economica, compreso il self-employment, il lavoro in aziende familiari e qualsiasi attività retribuita, formalmente o informalmente).
  2. Lavoro in condizioni di libertà (libertà di scelta; l’inaccettabilità di certe condizioni di lavoro, lavoro forzato, lavoro in schiavitù, lavoro minorile; libertà dei lavoratori di appartenere ad associazioni di tutela e di essere liberi da discriminazioni).
  3. Lavoro produttivo (qualità della vita accettabile per sé e per i propri familiari; sviluppo sostenibile e competitività delle aziende e dei paesi).
  4. Lavoro equo (trattamenti e opportunità equi nel lavoro; assenza di discriminazione sia nell’accesso al lavoro che nel suo svolgimento; conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita).
  5. Lavoro sicuro (salvaguardia della salute, la pensione e altre forme di protezione in caso di malattie; garanzia dall’insicurezza derivante dalla possibile perdita del lavoro).
  6. Lavoro con dignità (rispetto nei luoghi di lavoro; partecipazione attiva nelle decisioni sulle proprie condizioni di lavoro; diritto di rappresentare i propri interessi collettivamente).

Il rispetto di tali principi, pur se condiviso a tutti i livelli (politico, economico, sociale e scientifico), nell’attuale mercato del lavoro, sembra oggi lontano dall’essere applicato sempre e comunque.

Il concetto di lavoro dignitoso, nella prospettiva appena delineata, assume caratteristiche di multidimensionalità che comportano, dal punto di vista dello studio scientifico, l’adozione di una prospettiva ampia e di uno sguardo accurato ai profondi cambiamenti socioeconomici attuali, che richiedono, con sempre maggior urgenza, di porre enfasi verso costrutti rivolti all’incremento di capacità utili all’occupabilità del lavoratore.

Partendo da queste considerazioni e dall’evidenza che i lavoratori oggi si muovono nella cosiddetta Risk Society, affrontando sempre più frequentemente situazioni di incertezza, instabilità e repentini cambiamenti, assume centralità il costrutto di employability.

Rothwell et al. (2007), considerano l’employability come un costrutto psicosociale (Fugate et al., 2004) e la definiscono come la capacità di mantenere il lavoro che si ha o di ottenere il lavoro che si desidera; in quest’accezione essa comprende: (1) caratteristiche individuali, quali conoscenze e abilità (Hillage & Pollard, 1998), capacità di apprendimento (Bagshaw, 1996; Lane et al., 2000), padronanza nella gestione della carriera e nella ricerca di lavoro (Hillage & Pollard, 1998), resilienza (Iles, 1997; Rajan, 1997; Rajan et al., 2000) e senso di autoefficacia; (2) fattori intraorganizzativi riguardanti le condizioni attuali e previste dei mercati del lavoro interni (cambiamento organizzativo) e, infine, (3) fattori esterni quali condizioni del mercato del lavoro esterno (Kirschenbaum & Mano-Negrin,  1999;  Lane  et  al., 2000), che includono i fattori correlati alla richiesta di occupazione (Mallough & Kleiner, 2001).

L’employability riguarda, dunque, lo sviluppo di competenze adattabili tali da permettere a tutte le persone di sviluppare capacità che gli consentano di entrare o di rimanere nel mondo del lavoro durante la loro vita lavorativa, di muoversi nel e tra i mercati del lavoro e di realizzare il proprio potenziale attraverso un lavoro accessibile e sostenibile e di raggiungere un lavoro significativo tenendo conto dell’interazione tra circostanze individuali e mercato del lavoro.

Un’altra dimensione che sembra entrare in gioco nel costrutto di employability e che potrebbe rappresentare una caratteristica rilevante del lavoro dignitoso è il Meaningful Work: esso non riguarda semplicemente ciò che il lavoro significa per l’individuo, ma in che misura il lavoro è sia significativo che positivo (Steger, Dik, & Duffy, 2012). Chi percepisce il proprio lavoro come meaningful sperimenta un’esperienza soggettiva di significato esistenziale legato al lavoro stesso (May et al., 2004).

Gli interrogativi che muovono la proposta di ricerca sono:

  • Quanto il Capitale Psicologico (PsyCap, Luthans, Avolio, et al., 2007; Luthans, Youssef, & Avolio, 2007) e le dimensioni che lo compongono (efficacia, speranza, ottimismo, resilienza), unitamente al coraggio, influiscono sull’employability?
  • Che relazione esiste tra lavoro significativo ed employability?
  • Come agiscono le dimensioni dello PsyCap, dell’employability e del lavoro significativo nella progettualità di lavoratori differenti (stabili vs instabili, occupati vs disoccupati)?

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