Lavoro dignitoso e genere

A cura di Camussi Elisabetta, Meneghetti Daria, Annovazzi Chiara, Ginevra Maria Cristina

Referente: Prof.ssa Elisabetta Camussi  – elisabetta.camussi@unimib.it

 

Il tema delle differenze tra uomini e donne risulta essere ancora estremamente pregnante nella cultura italiana, in particolare in un contesto storico e sociale caratterizzato da una marcata incertezza, come quello attuale. Di fatti, nonostante la diffusione di retoriche secondo cui le carriere sono caratterizzate totalmente dalla libertà di scelta, ed i contesti lavorativi sono esenti da disuguaglianze di genere, le donne sono ancora notevolmente sottorappresentate nei contesti di lavoro tradizionalmente maschili, come scienza, tecnologia, ingegneria e matematica (Commissione europea, 2015) ed hanno un più limitato accesso al mondo del lavoro, che, per loro, risulta essere caratterizzato da un numero maggiore di barriere di natura culturale e stereotipica (Rustichelli, 2010). I processi legati alle carriere formative e professionali, infatti, risultano ancora fortemente influenzati da stereotipi di genere e da aspettative stereotipiche: alcuni percorsi sarebbero adatti alle donne e non agli uomini (e viceversa), secondo una presunta “naturale” corrispondenza tra identità di genere e professione (Camussi, Annovazzi & Montali, in press a). I ruoli di genere e le rappresentazioni professionali stereotipate possono influenzare significativamente lo sviluppo di carriere creando idee distorte sull’educazione e sul mondo del lavoro, scoraggiando in particolare le donne ad intraprendere determinate formazioni o percorsi di carriera ritenuti inadatti al loro genere (Eccles, 2011). Questi fenomeni non caratterizzano, però, solo le donne, ma anche quelle persone che a causa delle loro identità di genere – es. transgender – subiscono discriminazioni nel contesto lavorativo. (Brewster, Velez, Mennicke & Tebbe, 2014). Per questo motivo, risulta sempre più necessario promuovere nelle persone le capacità e le competenze necessarie per assumere ruoli agentici, diventare ‘designer’ dei propri percorsi professionali e, più in generale, della propria vita.

A questo proposito, l’Organizzazione internazionale del lavoro – ILO – (2009) considera l’uguaglianza di genere un elemento fondamentale nell’agenda del lavoro decente, sostenendo una crescita inclusiva e di lavoro sostenibile per tutti. Tutti i lavoratori hanno infatti il diritto ad un lavoro dignitoso, per loro e per la società (ILO, 2009).

 

La nostra proposta è, quindi, quella di sviluppare una ricerca interdisciplinare con un approccio “bottom up”, che, attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, sostenga nei singoli individui, nelle organizzazioni e nei contesti la capacità di individuare e fronteggiare discriminazioni di genere, superando quelle barriere che, perpetuate nei contesti lavorativi, si frappongono al perseguimento di un’effettiva parità di genere e di lavoro dignitoso per tutti. Per tutto questo si richiede di sviluppare sia risorse individuali, sia contestuali.

Pensando alle risorse individuali, si ipotizza, quindi, di indagare come i costrutti di career adaptability, speranza, ottimismo, resilienza, e coraggio, possano essere fattori di protezione nei processi di costruzione professionale e nei processi di percezione delle discriminazioni, di decisionalità, di gestione dello stress o di intercettazione delle discriminazioni di genere.

Pensando alle risorse contestuali, la ricerca si porrebbe l’obiettivo di focalizzarsi sulla prevenzione e sul coinvolgimento del contesto. L’obiettivo sarebbe quello di massimizzare il consenso e la partecipazione non solo di diversi specialisti, ma anche e soprattutto, di coloro che con la loro presenza, ed i loro atteggiamenti e comportamenti concorrono nel perpetuare le discriminazioni di genere nei contesti lavorativi, tra cui uomini, donne, selezionatori e selezionatrici, lavoratori, lavoratrici, manager, ecc. In questo modo le persone coinvolte potrebbero essere a loro volta sostenitori e promotori di equità di genere e di lavoro decente nei loro contesti quotidiani. Tra gli altri, di fatti, l’obiettivo risulta essere quello di promuovere nel contesto le basi per una parità inclusiva, sostenendo la diversità – e non la disuguaglianza – ovvero sostenendo l’individualità di ogni persona, poiché sviluppi le proprie competenze, ricco della propria storia di genere e di vita (Camussi & Annovazzi, 2016). In ottica di Public Engagement, la metodologia prevedrebbe, tre fasi: Awareness-Activation-Participation. Si ipotizza, quindi, che la prima fase preveda azioni di sensibilizzazione per aumentare la consapevolezza e la riflessione delle persone circa il genere ed il lavoro decente. In particolare, si farebbe riferimento a “Gender Cafè”, osservazioni etnografiche ed interviste narrative. La seconda fase prevedrebbe, invece, attivazioni in gruppo in cui, attraverso laboratori generativi, vengano ipotizzate proposte di servizi e strumenti destinati a fronteggiare le disuguaglianze di genere. Infine, la terza fase di “partecipazione”, prevedrebbe l’attuazione di “maratone tematiche” o “Hackathon” nelle quali gruppi multidisciplinari elaborerebbero soluzioni concrete alla disparità di genere.