Il gruppo di ricerca sulla career adaptability: Un esempio di collaborazione internazionale

di Lea Ferrari

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Tra i vantaggi che la globalizzazione e il rapido avanzamento tecnologico hanno comportato vi sono la diffusione veloce e su larga scala delle idee e la possibilità di instaurare collaborazioni internazionali. Questo ampliamento di orizzonti appare per altro condiviso dalla comunità degli studiosi e dei professionisti dell’orientamento e della progettazione professionale di varie parti del mondo. Come qualcuno di voi forse ricorderà nel corso della conferenza internazionale “Vocational designing and career counseling. Challenges and New Horizons”che si è svolta a Padova nel 2011 gli organizzatori, Salvatore Soresi e Laura Nota, in collaborazione con Mary Heppner e Puncky Heppner (2011) hanno dato vita a un progetto finalizzato a dare voce alla nostra comunità chiedendo di rispondere a una serie di quesiti a proposito del futuro del nostro settore. L’analisi di quelle risposte ha permesso di mettere in evidenza una serie di opportunità che i ricercatori e i professionisti intravedono a vantaggio del loro lavoro nei cambiamenti che stiamo vivendo; tra questi vi è proprio la possibilità di partecipare a gruppi di lavoro transnazionali, che facilitano l’acquisizione di nuove conoscenze e la condivisione di teorie, strumenti e pratiche, lo sviluppo di un’identità professionale più solida e un senso di appartenenza alla comunità internazionale dei professionisti dell’orientamento e la promozione di una ricerca di elevata qualità, che osservi standard elevati e criteri condivisi che oltrepassino le frontiere nazionali (Soresi e Ferrari, in press; Soresi, Nota, Ferrari e Ginevra, under review). Questi punti di vista sono alla base del lavoro che è stato portato avanti dal gruppo di ricerca internazionale “Career Adaptability Research Team” fondato nel 2008 alla Humboldt University (Berlin, Germany). A questo gruppo, coordinato da Mark Savickas, hanno preso parte ricercatori di 13 Paesi (Australia – Mary McMahon; Belgio – Raoul Van Esbroeck e Nicky Dries; Brasile – M. Célia Lassance; Cina – Zhijin Hou; Inghilterra – Jenny Bimrose; Francia – Jean Guichard e Jacques Pouyard; Germania – Barbel Kracke; Hong Kong – Alvin Leung; Islanda – Gugga Vilhjalmsdottir; Giappone – Agnes Watanabe; Corea – Jinkook Tak; Olanda – Annelies van Vianen e Ute Klehel; Portogallo – Maria Eduarda Duarte; Sud Africa – Kobus Maree e Mark Watson; Svizzera – Jean-Pierre Dauwalder e Jerome Rossier; Taiwan – Hsiu-Lan Tien; USA – Mark Savickas, Erik Porfeli, Fred Leong, Fred Vondracek, e Mark Leach). L’Italia è stata rappresentata da Salvatore Soresi, Laura Nota e Lea Ferrari.

L’aspetto che più di tutti ha contraddistinto gli sforzi di questo gruppo è stata la decisione di mettere a punto uno strumento internazionalmente condiviso, da utilizzare per ricerche cross-culturali per la valutazione della Career Adaptability. I 55 item pensati inizialmente sono stati utilizzati nei diversi Paesi partecipanti e le successive analisi hanno portato a una versione comune della Career Adapt-Abilities Scale (CAAS) costituita da 24 item in grado di raccogliere informazioni a proposito delle sue dimensioni fondamentali: la preoccupazione, il controllo, la curiosità, e la fiducia (Savickas e Porfeli, 2012). L’interesse per questo costrutto risiede nel fatto che coloro che la possiedono appaiono maggiormente in grado di rispondere a molte delle sfide che ogni individuo si trova oggi ad affrontare a proposito della propria costruzione professionale e ciò è testimoniato anche dal crescente numero di articoli comparsi nella letteratura internazionale a partire dal nuovo millennio anche grazie alla diffusione degli approcci costruzionisti e alla pubblicazione del position paper sul Life Design nel 2009. Prendendo in considerazione, ad esempio, il Journal of Vocational Behavior, la rivista più prestigiosa della psicologia dell’orientamento, si nota come il numero di contributi che fanno riferimento a questo costrutto sia cresciuto pressoché esponenzialmente passando da 1 nel 2000 a 5 nel 2004 e 2005, a 15 nel 2009 e 2010, a 18 nel 2011 fino ad arrivare ai 38 articoli del 2012 (fig. 1). Quest’ultimo forte incremento è in parte dovuto alla pubblicazione di un numero monografico dedicato alla career adaptability che racchiude al suo interno il frutto del lavoro del gruppo di lavoro internazionale guidato da Savickas.

Figura 1. Numero di articoli che si sono occupati di career adaptability pubblicati a partire dal 2000 nel Journal of Vocational Behavior

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La career adaptability viene definita come la propensione ad affrontare in modo adeguato i compiti evolutivi per prepararsi e partecipare al ruolo lavorativo, e ad adattarsi alle richieste impreviste dovute ai cambiamenti del mondo del lavoro e delle condizioni lavorative (Savickas e Porfeli, 2012). Si riferisce ai compiti professionali e alle transizioni di ruolo che gli individui affrontano e alle strategie di coping che utilizzano per affrontare questi cambiamenti ovvero al processo attraverso il quale gli individui costruiscono attivamente la loro carriera affrontando i cambiamenti e tenendo conto del contesto sociale in cui sono inseriti (Savickas, 2005; Karaevli e Hall, 2006). L’adattabilità professionale si configura quindi come un costrutto psicosociale e regolatorio che permette all’individuo di raggiungere i propri obiettivi di adattamento attraverso l’adozione di strategie e comportamenti di tipo adattivo.

Etimologicamente il termine adattabilità deriva dal latino adaptō che significa adattamento. Nella teoria della costruzione professionale (Savickas, 2005), questi termini risultano tra loro concatenati sequenzialmente avendo a che fare con la prontezza (adaptive readiness), le risorse (adaptation resources), le risposte (adapting responses) e i risultati (adaptation results). In altre parole, le persone si differenziano tra loro in quanto sono più o meno pronte al cambiamento, impiegano risorse diverse per affrontarlo, cambiano in modo diverso, e integrano diversamente i ruoli della vita. Ci si attendono elevati livelli di adattamento (risultato) da coloro che hanno la volontà e sono anche in grado di mettere in atto delle azioni che rispondono ai cambiamenti (processo di adattamento).
Per riuscire a spiegare la distinzione tra prontezza, risorse, risposte e risultati, Savickas e Porfeli (2012) ricorrono alla metafora del viaggio aereo. Appena completato l’imbarco, prima di partire le hostess chiedono a coloro che sono seduti vicino all’uscita di emergenza se “vogliono” e se “sono in grado” di prestare aiuto in caso di necessità. Entrambe le richieste sono necessarie in quanto alcune persone potrebbero voler fornire questo aiuto, ma non esserne capaci mentre altre potrebbero non voler svolgere questo compito pur essendone capaci. Rapportato alla teoria della costruzione professionale si può dire che le hostess stanno chiedendo alle persone se hanno la volontà e le risorse per riuscire ad agire in condizioni di emergenza. In altre parole la teoria della costruzione professionale considera “la volontà e la capacità” come “l’adattività e l’adattabilità” ovvero “la prontezza e le risorse”. Continuando con l’analogia, in alcune situazioni di emergenza è richiesto di mettere in atto delle azioni per salvare delle vite. Coloro che si percepiscono come volenterosi e capaci possono portare a termine delle azioni per salvare delle vite se si trovano in situazioni di emergenza. Questo adattarsi o “agire” prevede comportamenti che richiedono orientamento, esplorazione, stabilizzazione, gestione e disimpegno. Le risposte adattive a loro volta portano ad altri risultati o adattamenti che possono comportare danni o anche la morte. Nella teoria della costruzione professionale i risultati non sono di solito la vita o la morte, quanto la bontà dell’adattamento o l’armonia come indicano lo sviluppo, la soddisfazione, il successo, la stabilità.
Tutto ciò è stato confermato anche dallo studio di validazione condotto in Italia che ha chiaramente messo in evidenza come coloro che presentano i livelli maggiori di career adaptability manifestino maggiori livelli di qualità della vita, una gamma maggiore di interessi e percepiscano meno barriere nei confronti della propria costruzione professionale (Soresi, Nota e Ferrari, 2012). Per quanto riguarda la versione italiana dello strumento le analisi condotte hanno messo in evidenza dei buoni requisiti psicometrici. Gli indici di fit (RMSEA = .058; SRMR = .049) sono soddisfacenti così come i valori di attendibilità (compresi tra.74 e .85). Tutto questo consente di affermare che la CAAS può essere utilizzata per misurare i livelli di adattabilità professionale sia in contesti di ricerca che di intervento.

Riferimenti bibliografici
Karaevli, A. e Hall, D.T. (2006). How career variety promotes the adaptability of managers: A theoretical model. Journal of Vocational Behavior, 69, 359-373.
Nota, L., Soresi, S., Ferrari, L. e Ginevra, M.C. (under review). Challenges for vocational guidance in the 21st century. European Psychologist.
Savickas, M.L. (2005). The theory and practice of career construction. In S.D. Brown e R.W. Lent (a cura di), Career development and counseling (pp. 42-70). Hoboken, NJ: John Wiley.
Savickas, M.L., Nota, L., Rossier, J., Dauwalder, J.P., Duarte, M.E., Guichard, J., van Vianen, A.E.M. (2009). Life designing: A paradigm for career construction in the 21st century. Journal of Vocational Behavior, 75, 239-250.
Savickas, M.L. e Porfeli, E.J. (2012). Career Adapt-Abilities Scale: Construction, reliability, and measurement equivalence across 13 countries. Journal of Vocational Behavior, 80, 661-673.
Soresi, S. e Ferrari, L. (in press). Crisi economica e orientamento: Il punto di vista degli operatori. Giornale Italiano di Psicologia dell’Orientamento.
Soresi, S., Nota, L. e Ferrari, L. (2012). Career Adapt-Abilities Scale-Italian Form: Psychometric properties and relationships to breadth of interests, quality of life, and perceived barriers. Journal of Vocational Behavior, 80, 705-711.

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