Dalle disuguaglianze alla giustizia sociale: il ruolo dell’Orientamento in tempi di Covid19

Dalle disuguaglianze alla giustizia sociale: il ruolo dell’Orientamento in tempi di Covid19
Ilaria Di Maggio, Maria Cristina Ginevra, Laura Nota, Sara Santilli, Salvatore Soresi
Laboratorio Larios, Università di Padova

Nel corso di queste ultime decadi si è assistito alla costruzione di una sorta di mind-set, di struttura mentale, che ha facilitato consenso, adesione ad una Weltanschauung neoliberista e il perseguimento di obiettivi in linea con la stessa (Adams, Estrada-Villalta, Sullivan e Markus, 2019). Si è operato, con azioni di ingegneria sociale, alla creazione di soggetti che legittimano una tale situazione, che hanno in comune una idea di essere umano individualista, materialista, poco capace di fare meditate analisi contestuali, protesi verso un miglioramento continuo e verso il successo, concentrati sul proprio benessere, sulla propria felicità, sul proprio status, sopra tutto, o, in caso di difficoltà, sulla sopravvivenza. Coloro che riescono ad avere successo, ricchezza, benessere, più frequentemente appartenenti alle ‘classi privilegiate’, dominanti, di status elevato, tendono per altro a ritenere che ciò che hanno è in relazione a doti, qualità personali, duro lavoro, meriti, considerati alla stregua di qualcosa di naturale e scontato e non frutto di privilegi e sfruttamenti; coloro che non ce la fanno, spesso i più, si considerano poco meritevoli e devono sentire il peso dell’insuccesso, devono vergognarsi, non riuscire a comprendere i meccanismi del privilegio, alla stregua di ignoranti, attaccabrighe, non in grado di darsi abbastanza da fare, protesi a vivere a spese dell’assistenza sociale (Volpato, 2019). Per la moltitudine, lo stare in contesti spesso degradati, dove prevalgono disoccupazione, povertà, insicurezza, deve associarsi alla propensione ad accettare passivamente questa condizione, a pensare che non c’è altro da fare, che non c’è futuro, non ci sono progetti da fare, adattandosi a dinamiche da ‘cane mangia cane’, dimenticando i doveri del vivere in comunità, badando a se stessi, al qui ed ora, al fatto che questo è l’unica realtà possibile, tollerando l’illegalità e prendendovi pure parte (Mason, 2019).

E tutto questo si associa ad un fenomeno che sta assumendo delle dimensioni molto consistenti, quello delle disuguaglianze. Lo stesso documento prodotto da Oxfam (2019) evidenzia che stiamo vivendo dei tempi che si caratterizzando per estreme disuguaglianze, con enormi ricchezze in mano a pochi, e moltitudini che vivono in condizioni precarie, di povertà, di stenti e difficoltà.

Cosa sono le disuguaglianze? La parola disuguaglianza significa ‘disparità, l’essere disuguale, lo sperimentare la non uguaglianza’ e il Forum disuguaglianze diversità propone la differenziazione fra disuguaglianze economiche e sociali. Quelle economiche “riguardano le disparità nei redditi (da lavoro, d’impresa, da capitale), nella ricchezza privata (finanziaria, imprenditoriale e immobiliare), nel lavoro (accesso a un lavoro adeguato alle proprie capacità, retribuzione, rischiosità, soddisfazione e grado di autonomia) e nelle conseguenti condizioni materiali di vita. Le disuguaglianze economiche si spingono fino a determinare e rendere croniche situazioni di povertà.” Quelle sociali riguardano le “disparità nell’accesso e nella qualità dei servizi fondamentali come sanità e istruzione, cura sociale, mobilità e sicurezza, nell’opportunità di vivere (per via dei differenziali del costo della vita e delle abitazioni, dell’origine sociale o etnica) nei luoghi dove si concentrano creatività e socializzazione e nella possibilità di fruire del capitale comune (ambiente salubre, paesaggio, cultura). A queste disuguaglianze se ne aggiunge un’altra che con esse interagisce: la diseguaglianza di status e di considerazione che deriva dalle disparità di potere.” (Forum Disuguaglianze e Diversità, 2020).

Le disuguaglianze hanno diverse conseguenze, che per altro spesso sono fra loro associate. Una prima conseguenza riguarda la povertà, che può essere valutata tenendo conto delle condizioni di vita, per cui si parla di grave deprivazione materiale, o prendendo in considerazione il reddito, e allora si parla di povertà monetaria, assoluta o relativa; abbiamo poi i problemi di salute, associati ad aumento della mortalità infantile, riduzione delle aspettative di vita, ritorno di malattie che si credevano debellate (es. tubercolosi); fino ad arrivare alle conseguenze sociali, ovvero l’aumento dell’esposizione alle discriminazioni, della percezione di subirle e di essere trattati in modo ingiusto, e a quelle psicologiche, con danni alle componenti emotive e cognitive delle persone.

Il coronavirus, il Covid 19, la pandemia mondiale, è al tempo stesso frutto delle strutture sociali che stanno alla base delle disuguaglianze che è ulteriore produttore di iniquità. Come affermato dalla virologa Ilaria Capua direttrice della One Health Center of Excellence dell’Università della Florida, già in tempi poco sospetti (2012), emergenze legate a pandemie, come quella del coronavirus, diventeranno in futuro sempre più frequenti a causa degli squilibri creati a livello di ecosistema e delle ‘interazione’ inadeguate tra uomo e ambiente (Capua, 2012). La stessa per altro, più recentemente (2020), ha enfatizzato il fatto che una invasione indebita e predatoria nella vita naturale ha creato delle condizioni favorevoli al cosiddetto ‘salto di specie’ dei virus. E tutto questo insieme a condizioni di vita abbruttite dalle disuguaglianze e da scambi e relazioni incentrate su aspetti strettamente economici non possono che enfatizzare le conseguenze negative.

Verso la giustizia sociale
Se concentriamo l’attenzione sulla costruzione del futuro professionale, le recenti ricerche ci portano a considerare gli effetti del covid19 come l’incremento consistente dei fenomeni di disoccupazione, il dilagare del senso di insicurezza, la diffusione di difficoltà economiche, sociali, psicologiche, in ampia parte della popolazione, che non possono che caratterizzare in negativo la vita di adulti, famiglie, giovani generazioni (Blustein et al., 2019). Non possiamo non considerare anche il fatto che la presenza della pandemia ha comportato e potrebbe continuare a comportare un mutamento nei contesti di vita delle persone, dalla scuola al lavoro, e in particolare di coloro che già sperimentano difficoltà.

Per questo l’orientamento, coloro che lo realizzano, devono assumere dei nuovi paradigmi di riferimento, uscire essi stessi dalle ‘nebbie del presente’, dalla Weltanschauung dominante, e abbracciare visioni inclusive, sostenibili, incentrate sulla giustizia sociale, diventando capaci di dare vita a progetti basati su innovazione, advocacy sociale, e attivismo (Nota et al., 2020). A gran voce si afferma che i professionisti dell’orientamento devono assumere una maggiore responsabilità nei confronti di questi temi e tenere presente che le disuguaglianze sociali ed economiche possono avere un impatto negativo sullo sviluppo professionale e psicosociale delle persone. Coloro che si occupano di orientamento sono chiamati a prendere posizione sulle questioni sociali e devono lavorare per sradicare sistemi e ideologie che perpetuano la discriminazione, promuovono l’oppressione e il non rispetto dei diritti umani (Di Maggio et al., 2020).

La giustizia sociale riguarda l’accesso equo alle risorse e ai diritti umani e la correttezza nelle politiche e nelle pratiche sociali (Toporek, Sapiago, & Rojas-Arauz, 2017). Può essere concettualizzata sia come obiettivo che processo: come obiettivo si riferisce alla piena ed equa partecipazione di tutte le persone, appartenenti a tutti i gruppi sociali, ad una società che si modella per soddisfare i loro bisogni. Come processo riguarda le azioni necessarie per costruire contesti che sappiano essere democratici e facilitanti la partecipazione, rispettosi dell’eterogeneità umana e delle differenze di gruppo, inclusivi e in grado di garantire l’agency individuale e la capacità di lavorare in collaborazione con gli altri per creare un cambiamento (Adams & Bell, 2016). La giustizia sociale implica un mondo in cui la distribuzione delle risorse è equa ed ecologicamente sostenibile, e tutti i membri sono fisicamente e psicologicamente sicuri, riconosciuti e trattati con rispetto (Jackson, Regis, & Bennett, 2019).

Come sostenuto da Hooley et al. (2017) e anche da noi (Nota et al., 2020; Soresi & Nota, in press; Di Maggio, Santilli, & Nota, 2019), chi fa orientamento deve avere atteggiamenti, conoscenze e competenze per offrire livelli multipli di intervento, sia a livello micro per supportare i clienti a riconoscere e ad affrontare i problemi professionali che sperimentano, sia a livello meso e macro attraverso azioni di advocacy sociale per favorire la trasformazione di strutture sociali e pratiche istituzionali che riproducono e rafforzano l’ingiustizia sociale. A livello individuale le azioni di orientamento dovrebbero supportare le persone nell’acquisire sia capacità di analisi sociale, una consapevolezza critica, delle disuguaglianze e delle forze di oppressione che mantengono, se non incrementano, le iniquità, le abilità di intraprendere azioni individuali o collettive per favorire il cambiamento sociale e politico (Diemer & Blustein, 2006; Watts, Diemer, & Voight, 2011). A livello meso, ovvero a livello di istituzioni, chi fa orientamento dovrebbe favorire il riconoscimento e il rispetto delle differenze individuali e dell’unicità. Si possono organizzare attività di formazione per i professionisti dell’orientamento affinché abbiano consapevolezza del tema della giustizia sociale sul piano formativo e professionale e siano in grado di favorire lo sviluppo di competenze e risorse utili alla progettazione professionale e all’inserimento nel mercato del lavoro di tutti, in ottica inclusiva. A livello macro, gli esperti di orientamento dovrebbero essere in grado di incidere sulle politiche e sulla cultura della comunità. Diventano significativi gli impegni collettivi nei network internazionali, nazionali e regionali, in modo da poter avere un impatto nell’ambito dei contesti politici nei quali di fatto si prendono decisioni che incidono sulla vita formativa e professionale delle persone. Dovrebbero far sentire la loro voce a livello ministeriale per garantire che le pratiche di orientamento possano supportare nei contesti formativi e professionali soprattutto coloro che presentano maggiori livelli di vulnerabilità. Possono dare suggerimenti e indicazioni utili alla formulazione di politiche attive del lavoro soprattutto per coloro che sperimentano difficoltà nel mercato attuale del lavoro.

Riferimenti bibliografici

Adams, G., Estrada-Villalta, S., Sullivan, D., & Markus, H. R. (2019). The psychology of neoliberalism and the  neoliberalism of psychology. Journal of Social Issues, 75(1), 189-216

Adams, M., & Bell, L.A. (2016). Teaching for Diversity and Social Justice. London: Routledge.

Blustein, D.L., Kenny, M.E., Di Fabio, A., & Guichard, J. (2019) Expanding the impact of the psychology of working: Engaging psychology in the struggle for decent work and human rights. Journal of Career Assessment, 27, 3-28.

Capua, I. (2012). I virus non aspettano: Avventure, disavventure e riflessioni di una ricercatrice globetrotter. Venezia: Marsilio.

Di Maggio, I., Ginevra, M. C., Santilli, S., & Nota, L. (2020). Investment in higher education: the role of career adaptability, tendency to consider systemic challenges to attain a sustainable development, and hope. Frontiers in Psychology.

Diemer, M. A., & Blustein, D. L. (2006). Critical consciousness and career development among urban youth. Journal of vocational behavior, 68(2), 220-232.

Forum Diseguaglianze Diversità (2020). Disuguaglianze economiche e sociali. Retrieved from https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/

Hooley, T., Sultana, R., & Thomsen, R. (2017). Career Guidance for Social Justice. Contesting Neoliberalism. New York, NY: Routledge.

Jackson, M., Regis, A., & Bennett, K. (2019). Career Development Interventions for Social Justice.

Nota, L., Soresi, S., Di Maggio, I., Santilli, S., & Ginevra, M. C. (2020). Sustainable Development, in Career counseling and career education. London: Springer.

Oxfam (2019). Report ‘Bene pubblico o ricchezza privata?’. Oxfam

Soresi, S. & Nota, L. (in press) (eds.), L’orientamento e la progettazione professionale. Milano: Il Mulino.

Toporek, R.L., Sapigao, W., & Rojas-Arauz, B.O. (2017). Fostering the development of a social justice perspective and action: Finding a social justice voice. In J.M. Casas, L.A. Suzu­ki, C.M. Alexander & M.A. Jackson (a cura di), Handbook of Multicultural Counseling (pp. 17-30), Los Angeles, CA, Sage.

Volpato, C. (2019). Le radici psicologiche della disuguaglianza. Roma-Bari: Laterza

Watts, R.J., Diemer, M.A., & Voight, A.M. (2011) Critical consciousness: Current status and future directions. New Directions for Child and Adolescent Development, 134, 43-57.