A proposito di albi professionali e di formazione…

Carlo Marzolo

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Professioni scarsamente regolamentate dalla legge, quali quelle dell’orientamento, sono più soggette di altre al rischio di “trappole”. Associazioni, studi professionali, singoli individui hanno buon gioco nel presentarsi come paladini della qualità, difensori dei diritti di utenti e operatori, detentori di chiavi per l’accesso a fondi, incarichi, appalti.
La SIO, lungi dall’avventurarsi in promesse ai propri soci, ritiene doveroso fornire alcuni elementi di chiarezza, utili ugualmente ai professionisti dell’orientamento, ai giovani in formazione e agli utenti dei servizi. Ecco, perciò, un breve glossario.

Albo?

Un Albo nazionale viene istituito per legge e ha la funzione di raccogliere i nominativi di tutti coloro che sono autorizzati a svolgere una determinata professione regolamentata dalla legge. Ciò innanzi tutto a tutela di chi si rivolge a quei professionisti, ma anche per impedire comportamenti di “concorrenza sleale” da parte di operatori non qualificati.
In Italia nessuna legge ha mai istituito l’Albo nazionale degli Orientatori che, pertanto, non esiste. Naturalmente può accadere che un qualunque soggetto – un’associazione, per esempio – si dichiari detentore di un albo o di un registro relativo a una certa professione. E potrà anche affiancare a tale albo o registro l’epiteto “nazionale”. Ma, in assenza di una specifica previsione di legge, quell’albo o registro consisterà puramente di una lista di nomi in possesso di quella associazione. In quanto tale, non avrà alcuna valenza ufficiale, non potrà assicurare all’iscritto alcun vantaggio in termini di punteggio o di accreditamento presso la pubblica amministrazione, non potrà garantire alcuna precedenza né potrà essere considerato una “patente di qualità”; insomma, sarà probabilmente solo un mezzo per far affluire denaro nelle casse di quell’associazione a spese di chi cerca un riconoscimento della propria professionalità.
La SIO, a differenza di chi propone non ben definiti “albi” o “registri”, ha avviato – in coerenza e collaborazione con IAEVG (associazione mondiale degli orientatori) – una procedura per la certificazione di singole competenze, descritte in modo accurato, secondo una classificazione largamente condivisa a livello internazionale.

“Riconoscimenti” da parte dei Ministeri?

Spesso capita di leggere che un ente o un’associazione affermi di aver ricevuto un “riconoscimento” da parte di un ministero. Cerchiamo di fare chiarezza. Un’associazione – di orientatori, per esempio – può sottoporre al ministero competente la documentazione relativa al proprio operato e chiederne un riconoscimento. Il documento con il quale il ministero chiamato in causa risponde può essere di diversa natura. Può trattarsi, cioè, di una circolare indirizzata dal ministero agli uffici da esso dipendenti e come tale dotata di una valenza prescrittiva; oppure può trattarsi di una semplice missiva, con la quale si risponde (com’è cortesia) al soggetto che ha presentato l’istanza. È evidente che in questo secondo caso il documento ha carattere di mera comunicazione. È importante, perciò, accertarsi di persona della natura e del contenuto dei riconoscimenti ottenuti e non dare per scontato che qualunque scritto proveniente dalla Pubblica Amministrazione rappresenti un accreditamento.
La SIO ha inoltrato la pratica – ed è in attesa di risposta – presso il Ministero di Giustizia per essere inserita nel registro delle associazioni che rappresentano le professioni non riconosciute, allo scopo di qualificarsi come interlocutore primario della P.A. per quanto riguarda il settore dell’orientamento. Quando il Ministero avrà dato risposta, si provvederà a rendere pubblico l’esito dell’istanza.

Un unico vestito per tutte le taglie?

Desta perplessità l’atteggiamento di quelle associazioni che, pur affermando di voler elevare i livelli di professionalità nel campo dell’orientamento, non richiedono poi uno specifico percorso (o titolo) di studio ai propri soci, forse per non restringere la rosa dei potenziali iscritti. La SIO ha dichiarato, fin dalla sua nascita, che considera condicio sine qua non per operare professionalmente in materia di orientamento il possesso di uno specifico titolo di studi post-laurea. Accoglie, d’altra parte, come soci aderenti coloro i quali ancora non possiedono tale titolo e contribuisce attivamente a creare opportunità di formazione.

Master?

Vanno distinte con precisione le accezioni con cui in Italia il termine “master” viene usato (soprattutto in sede di propaganda). Il “master universitario” è un titolo di studio post-laurea la cui acquisizione richiede almeno una sessantina di crediti universitari e un anno di corso accademico. Altro sono i molteplici master pubblicizzati da enti pubblici e privati: corsi che possono durare anche pochi giorni e non prevedono il rilascio, al termine, di alcun titolo di studio. La SIO ritiene l’università il luogo principe della formazione in materia di orientamento; organizza e segnala corsi di sicura qualità perché attuati in ambito universitario; fa sempre riferimento, nell’uso del termine “master”, ai titoli di studio universitari riconosciuti a livello nazionale.

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