Orientamento e Inclusione: un connubio fondamentale per la progettazione del futuro

Orientamento e Inclusione: un connubio fondamentale per la progettazione del futuro

A cura di Maria Cristina Ginevra (Università di Milano-Bicocca) e Laura Nota (Università di Padova)

In questo ultimo decennio alcuni segnali di crescita dell’interesse del mondo della ricerca e dei professionisti nei confronti delle fasce più deboli della popolazione e delle persone con menomazione e vulnerabilità si stanno registrando e questo, forse, anche in seguito agli effetti devastanti che su di esse ha esercitato la crisi economica di questo ultimo decennio. Proprio in relazione alle condizioni socioeconomiche che stiamo vivendo, i modelli più recenti e accreditati nell’ambito della psicologia dell’orientamento suggeriscono di affrontare in modo congiunto e multidisciplinare le questioni della scelta professionale e quelle dell’inclusione sociale e lavorativa (vedasi ad esempio, Israelashvili, & Romano, 2017; Nota & Soresi, 2015, 2018; Savickas, 2015). Tutto questo anche in relazione alla scarsa capacità che hanno dimostrato i modelli tradizionali ancorati alla logica del profiling e del matching, sia di vocational guidance che di ricerca del lavoro, nell’aiutare effettivamente le persone e in particolare quelle con maggiori livelli di vulnerabilità (dai NEET, alle persone con disabilità e svantaggi socioculturali) nella realizzazione dei propri progetti. Il ricorso a tali modelli, infatti, per l’ancoraggio a visioni prettamente lineari, considerate semplicistiche, per la ricerca di abbinamenti tra le caratteristiche delle persone e dei contesti sempre meno possibili, e per l’attenzione, da una parte, alle aspettative dei contesti formativi e lavorativi e, dall’altra, a ‘bilanci personali’ legati più al passato che al cambiamento e al futuro, faticano a fornire suggerimenti per costruire traiettorie per il futuro (Ferrari, Sgaramella, & Soresi, 2015; Soresi, 2016).

Le persone più vulnerabili, peraltro, si caratterizzano sovente per scarse motivazioni alla formazione, anche di tipo professionale, visioni obsolete del lavoro e dello studio, credenze professionali inadeguate e irrazionali, che possono anche comportare il loro coinvolgimento in occupazioni di ripiego scarsamente soddisfacenti e difficoltà di adattamento alla vita sociale e comunitaria (ad es. Yanchak, Lease, & Strauser, 2005). Inoltre, va anche tenuto presente che in questi ultimi tempi, a causa soprattutto della nota crisi economica e sociale che ha interessato i paesi occidentali, è decisamente in crescita il numero dei giovani, soprattutto in condizioni di vulnerabilità e disabilità, che si affacciano al mondo del lavoro con scarse credenze di efficacia, poche prospettive temporali, sensazioni di fallimento, tendenza a non impegnarsi nell’attivazione di complessi e faticosi processi decisionali e di esplorazione delle possibilità formative ed occupazionali esistenti o possibili.

Come indica ormai una copiosa letteratura scientifica (vedasi ad esempio, Israelashvili, & Romano, 2017; Nota & Soresi, 2015, 2018; Savickas, 2015), a questi fenomeni non si può più rispondere né con le pratiche tradizionali di orientamento e accompagnamento all’inserimento lavorativo, né realizzando, come è stato già tentato in questi ultimi anni, azioni ‘differenziate’ comportanti ‘trattamenti separati ed eccezionali’ da affidare a servizi speciali non in grado di realizzare interventi preventivi precoci. Appare chiaro piuttosto la necessità di proporre interventi personalizzati, che permettano di approcciare i clienti con l’intenzione di dar loro voce e di favorire la manifestazione e il rispetto delle loro peculiarità. Si sconsiglia il ricorso a modalità standardizzate di consulenza, o alla realizzazione di interventi in extremis svolti nelle fasi di transizione (dalla scuola al lavoro, dal lavoro al lavoro o dalla scuola alla scuola) e massicciamente orientati alla diagnosi, all’analisi dei requisiti di accesso alla formazione e al lavoro, alla precisazione degli indici di congruenza e alla formulazione di previsioni a proposito della loro adattabilità agli ambienti formativi e lavorativi (Soresi, 2016).

Si dovrebbe puntare ad interventi preventivi, favorendo lo sviluppo di una serie di risorse e abilità individuali che, in relazione alle sfide economiche, sociali e ambientali che si prospettano nel futuro e a cui l’Agenda 2030 sta ponendo attenzione, potrebbero facilitare la realizzazione di progetti professionali e di vita multipli ed effettivamente vantaggiosi. Tali interventi dovrebbero essere realizzati precocemente, qualche anno prima che alle persone venga richiesto di decidere come realizzare la transizione dalla scuola al lavoro o dalla scuola all’università, e in ambienti marcatamente inclusivi come possono essere i loro stessi contesti scolastici di appartenenza. Occuparsi di orientamento in questi contesti e in favore di tutti significa poter mettere a disposizione degli interessati (studenti, genitori ed insegnanti) una serie di strumenti e di piste di lavoro adeguatamente programmati e facilmente legittimabili da un punto di vista teorico e scientifico in grado di rispettare, con precise operazioni personalizzate di coinvolgimento e orientamento, le eterogeneità e diversità.

Va considerato infine che, in ottica inclusiva, tali azioni di orientamento dovrebbero puntare a favorire l’investimento nello studio e a ridurre il fenomeno della sotto-rappresentazione soprattutto degli studenti con disabilità e vulnerabilità nei contesti universitari che costituiscono solamente l’1% della popolazione universitaria (ISTAT, 2009). Si tratta di un fenomeno di cui anche i servizi e gli operatori di orientamento dovrebbero farsi carico in modo precoce e preventivo in quanto la sotto-rappresentazione, come noto, viene considerata una forma di iniquità e affrontata in letteratura come ͚minority issue. Nei contesti universitari essa si associa a difficoltà nel senso di appartenenza, a percezione di scarso supporto, allo sperimentare modalità stereotipate di interazione, a tempi più consistenti per la gestione della propria vita universitaria, allo scoraggiamento (Harvard University, 2015).

Bibliografia

Ferrari, Sgaramella, & Soresi, 2015; Ferrari, L., Sgaramella,T.M., & Soresi,S. (2015). Disability and work: A difficult but possible association. Contribution and challenges of Life Design. in L. Nota & J. Rossier (Eds.), Handbook of life design: From practice to theory and from theory to practice. Göttingen: Hogrefe.
Harvard University (2015). Report of the college working group on diversity and inclusion. Tratto da http://diversity.college.harvard.edu/files/collegediversity/files/diversity_and_inclusion_working_group_final_report_2.pdf
ISTAT – Istituto Nazionale di Statistica (2009). La disabilità in Italia. Tratto da http://www3.istat.it/dati/catalogo/20100513_00/arg_09_37_la_disabilita_in_Italia.pdf
Nota, L., & Rossier, J. (2015) (Eds.), Handbook of life design: From practice to theory and from theory to practice. Göttingen: Hogrefe.
Nota. L., & Soresi, S. (2018) (Eds.) Counseling and Coaching in Times of Crisis and Transitions: From Research to Practice. Abingdon, Oxford: Routledge.
Israelashvili, M., & Romano, J. L. (Eds.). (2017). The Cambridge handbook of international prevention science. New York, NY: Cambridge University Press.
Savickas, M. (2015b). Life designing with adults: Developmental individualization using biographical bricolage. In L. Nota & J. Rossier (Eds.), Handbook of life design: From practice to theory and from theory to practice (pp. 135–149). Gottingen, Germany: Hogrefe Publishing.
Soresi, S. (2016) (Ed.). Psicologia delle disabilità e dell’inclusione. Bologna: Mulino.
Yanchak, K. V., Lease, S. H., & Strauser, D. R. (2005). Relation of disability type and career thoughts to vocational identity. Rehabilitation Counseling Bulletin, 48(3), 130-138