Per un orientamento dignitoso e inclusivo: la proposta del LaRIOS

A cura di Sara Santilli e Lea Ferrari, Università degli Studi di Padova

Negli ultimi decenni l’azione congiunta del progresso scientifico e tecnologico (soprattutto informatica, nanotecnologie, biotecnologie, fibre ottiche, satelliti), dello sviluppo organizzativo, della globalizzazione, dei mass media e della scolarizzazione diffusa ha prodotto una società che secondo alcuni autori (Ng, & Gossett, 2013) potrebbe essere chiamata postindustriale, o società dell’ “intelligenza collettiva”, con un’intelligenza distribuita ovunque, che dovrebbe essere continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, non più centrata sulla produzione in serie di beni materiali, ma sulla produzione di beni immateriali: servizi, informazioni, simboli, valori.  Il futuro, come abbiamo più volte detto in diversi contesti, non è più quello di una volta”, le traiettorie non sono più lineari… Il lavoro del futuro sarà molto diverso, quantitativamente e qualitativamente. Cambiano le prospettive del lavoro, i ruoli e soprattutto le competenze. Ci sarà lavoro per tutti? Quali caratteristiche avrà il lavoro del futuro? Quali prospettive per i decisori ed attori delle politiche di sviluppo socio economiche? Diversi filoni di ricerca cercano di dare risposte a queste domande con visioni talvolta diametralmente opposte. Anche noi, come gruppo di ricerca del laboratorio Larios, abbiamo provato, attraverso lo studio di materiali scientifici e multidisciplinari, a fornire delle traiettorie ad alcune di questi interrogativi,  ed è proprio dallo studio dei materiali che ci siamo trovati difronte alla “complessità”. Complessità che abbiamo accolto come il termine classicamente suggerisce ovvero come un momento di conoscenza atta a proporre non una verità assoluta, ma un “discorso intorno alle cose”. Nel concetto di “complessità”, inoltre, s’innesta la nozione di “rottura della simmetria”, delle certezze…che in termini scientifici inerenti al vocational guidance si può tradurre in “messa in discussione” delle traiettorie lineari che hanno guidato i modelli teorici del secolo passato, del matching paradigm, del profiling, e delle standardizzazioni dei punteggi in tipologie di personalità.

Il nostro destino e il destino delle persone che come professionisti supportiamo dipende dalla capacità di progettare il futuro, che dobbiamo continuare a studiare come ricercatori e a sviluppare in quanto operatori nei nostri clienti al fine di frenare quella che il sociologo De Masi definisce “Paralizzante incapacità di costruire”. Vorremmo dunque stimolare a mo’ di punti interrogativi alcune riflessioni su quelli che sono i principali fenomeni che hanno determinato e che stanno accompagnando il passaggio dalla società industriale alla società  postindustriale.

In riferimento ai quattro obiettivi strategici che si è posta l’agenda del lavoro dignitoso dell’ILO, e considerando che il lavoro produttivo e liberamente scelto è al centro del mandato per il lavoro decente, appare a nostro avviso lecito e doveroso chiedersi quanto segue:

 

– Che significato viene attribuito oggi a parole come occupazione, impiegabilità, occupabilità? Se c’è un lavoro produttivo, vuol dire che c’è anche un lavoro improduttivo? Quali sono le caratteristiche dell’uno e dell’altro?  Quali sono dunque le competenze che i centri di formazione, scuole e università si propongono di sviluppare per far si che i futuri lavoratori possano “eseguire” il piano produttivo aziendale?  La modernizzazione tecnologica è produttivamente parlando più conveniente per un azienda rispetto al lavoro umano?

 

– Se ci sono dei diritti al lavoro, ci sono anche dei doveri, come ad esempio il dovere di denunciare il lavoro illegale? Il coraggio di andare controcorrente? Il dovere di indignarsi in quanto cittadini difronte a discriminazioni, etc.? In che modo cambiano inoltre i diritti al variare dei tempi e dello spazio? Ad esempio vi sono lavoratori che, a causa delle nuove tecnologie, oltre a lavorare in ufficio, sono raggiunti sempre e dovunque dai capi, dai colleghi, dai clienti e lasciano che la propria vita privata sia invasa dal lavoro: si dovrebbe esigere il pagamento del tempo straordinario, o una revisione contrattuale delle vecchie regole?

 

– Come orientatori consideriamo un lavoro decente se stabile e se stimola il progresso economico?

 

– L’attenzione sociale può essere sviluppata anche attraverso azioni di Solidarietà? Altruismo? Generosità? Umanità? Possiamo investire su questi elementi in termini di ricerca ed intervento?

Nel tentativo di rispondere possiamo forse partire dal fatto che se il lavoro non è più quello di una volta, vanno fortificate le persone a pensare che l’avvenire professionale e non, non è tutto in mano al destino, che ci sono dei responsabili, e che esso dipende dalle persone che gestiscono i contesti…i lavoratori, i datori, i colleghi e tutti coloro che ne fanno parte. Per questo a nostro avviso sarebbe importante puntare l’attenzione su nuovi costrutti quali sostenibilità, autenticità, riflessività, umanità.

 

A proposito del costrutto della sostenibilità sono state individuate più di un centinaio di definizioni e come spesso accade quando si definiscono costrutti interessanti, non vi è una definizione condivisa. In una delle definizioni comunque più citate anche nei lavori più recenti è evidente il link tra presente e futuro e traspare il senso generale di tutela dell’umanità: ‘‘uno sviluppo che soddisfi i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere l’abilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni e le proprie aspirazioni’’ (World Commission on Environment and Development WCED 1987, p. 43).

In termini operazionali la sostenibilità è stata associata alle tre P, profit, people, planet, e quindi declinata come sostenibilità economica legata al profitto, all’efficienza, alla gestione etica delle finanze, dei rischi e delle crisi, come sostenibilità sociale legata alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, alla salvaguardia dei loro diritti, alle azioni filantropiche e infine la sostenibilità ambientale associata alla conservazione delle materie prime e al controllo, alla riduzione dei rischi ambientali, alla cura dei processi e dei prodotti a vantaggio di tutti (Antolin-Lopez et al., 2016).

L’attenzione alle risorse e al contesto in vista del futuro che caratterizza il paradigma della sostenibilità si sposa con altri costrutti che mettono al centro la qualità della vita delle parsone come quello di autenticità, umanità e diritti umani.

L’autenticità fa riferimento in generale alla capacità che una persona possiede di agire in sintonia con la sua vera essenza, il suo vero sé (Harter, 2002, Meyer, Kroemer, e Schröder-Abé, 2015, Van Den Bosch e Taris, 2014; Barnett e Deutsch, 2016). In essa vi si riconoscono sia un componete individuale associata alla conoscenza di sé, alla possibilità di esprimere sé stessi, i propri sentimenti, emozioni, pensieri, credenze e di poter realizzare il proprio sé, sia una componente contestuale associata all’interazione con il contesto e alla possibilità di autodeterminarsi. Pensando in specifico ai contesti professionali l’autenticità si può declinare come consapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza e dei propri processi cognitivi e comportamentali nei luoghi di lavoro (esempi di item possono essere: ‘Sono consapevole del perché penso di me ciò che penso’; ‘So bene perché al lavoro mi comporto come mi comporto’) e possibilità per un lavoratore di essere se stesso nella maggior parte delle situazioni, di comportarsi in accordo con i suoi valori e credenze (esempi di item possono essere: ‘Al lavoro affermo sempre ciò in cui credo; al lavoro sento il bisogno di fare ciò che gli altri si aspettano da me’; ‘Al lavoro lotto sempre per ciò in cui credo’).

L’autenticità sembra essere in relazione con il benessere e la qualità della vita anche in ambito professionale e si configura quindi come un costrutto emergente che può avere importanza anche nelle azioni di orientamento in quanto potrebbe sia arricchire l’idea di lavoro sia comportare  a una maggior conoscenza dei propri punti di forza. In azioni di career education come quelle che si potrebbero realizzare in vista dell’alternanza scuola-lavoro in cui i nostri giovani sono sempre più spesso coinvolti si potrebbero proporre attività di analisi e confronto di situazioni e contesti in cui è stato possibile esprimere il proprio modo di essere, di pensare e agire. Nello stesso temo potrebbe essere particolarmente rilevante procedere al potenziamento delle abilità assertive e di argomentazione per permettere alle persone di aumentare le loro capacità di autoaffermarsi ma anche di incidere in modo significativo sui contesti a vantaggio di tutti. Analogamente in sede di colloquio si potrebbe stimolare la riflessività dei propri clienti chiedendo loro di pensare se vi sono situazioni in cui devono comportarsi in modi che non corrispondono al loro usuale modo di essere, di pensare e agire? Se vi sono situazioni in cui gli altri si formano un’immagine che non corrisponde a come sono veramente? Se vi sono situazioni lavorative in cui devono rinunciare ad una parte di sé?

Accanto a tutto questo dovrebbero a nostro avviso trovare spazio anche le riflessioni sulla necessità di aumentare i livelli di umanità delle relazioni professionali e una maggior attenzione alla salvaguardia dei diritti delle persone di essere trattati come esseri umani. I rapporti che si instaurano tra datori di lavoro e lavoratori, così come quelli tra lavoratori e clienti dovrebbero caratterizzarsi da relazioni maggiormente orizzontali più che verticali in cui dovrebbe trovare spazio la comprensione dell’altro (Lev e Ayalon, 2016).  In quest’ottica i diritti e i doveri trascendono le forme contrattuali ma si amplificano al bilanciamento lavoro-vita, alla partecipazione alla gestione degli incentivi, al poter denunciare discriminazioni e ingiustizie. Diritti e doveri si fondono nella necessità di contribuire a ridurre le disuguaglianze sociali, nel fare in modo che le persone abbiano le stesse possibilità di partecipare alla vita pubblica, nel riconoscersi il diritto di poter prendersi cura degli altri, di apprendere nuove competenze e abilità, di espandere il proprio network sociale (Jiranek, et al., 2013). E i temi della vita si arricchiscono di nuovi significati e sfaccettature che prendono in considerazione l’umanità come appartenenza al genere umano in un contesto globale (McFarland et al., 2012), il prendersi cura della comunità nella quale si vive ogni giorno a cui si può contribuire con azioni formali e informali di ‘cura’ e di attivismo sociale a vantaggio di tutti, il rispetto per l’integrità ambientale che influenza il proprio e altrui benessere (Yii-Nii Lin, 2010; Suldo et al., 2014).

Tutto il Larios si sta impegnando per la messa a punto di nuovi strumenti e procedure, sia qualitative che quantitative per poter nei prossimi mesi lavorare su queste dimensioni a vantaggio dell’inclusione delle persone e dare loro la possibilità di percepire che le diversità e le unicità che caratterizzano i contesti che si frequentano contribuiscono al vantaggio di tutti.

Bibliografia

Antolin-Lopez, R., Delgado-Ceballos, J., & Montiel, I. (2016). Deconstructing corporate sustainability: a comparison of different stakeholder metrics. Journal of Cleaner Production136, 5-17.

Barnett, M. D., & Deutsch, J. T. (2016). Humanism, authenticity, and humor: Being, being real, and being funny. Personality and Individual Differences91, 107-112.

Harter, S. (2002). Authenticity. In C. R. Snyder & S. J. Lopez (Eds.), Handbook of positive psychology (pp. 382-394). New York, NY: Oxford University Press.

Jiranek, P., Kals, E., Humm, J. S., Strubel, I. T., & Wehner, T. (2013). Volunteering as a means to an equal end? The impact of a social justice function on intention to volunteer. The Journal of Social Psychology153(5), 520-541.

Knoll, M., Meyer, B., Kroemer, N. B., & Schröder-Abé, M. (2015). It Takes Two to Be Yourself. Journal of Individual Differences, 36, 38-53.

Lev, S., & Ayalon, L. (2016). Coping with the obligation dilemma: Prototypes of social workers in the nursing home. The British Journal of Social Work46(5), 1318-1335.

Lin, Y. N. (2010). Taiwanese university students’ perceptions of university life. Counselling Psychology Quarterly23(2), 189-202.

McFarland, S., Webb, M., & Brown, D. (2012). All humanity is my ingroup: A measure and studies of identification with all humanity. Journal of Personality and Social Psychology103(5), 830.

Ng, E. S., & Gossett, C. W. (2013). Career choice in Canadian public service: An exploration of fit with the millennial generation. Public Personnel Management, 42(3), 337-358.

Suldo, S. M., Frank, M. J., Chappel, A. M., Albers, M. M., & Bateman, L. P. (2014). American high school students’ perceptions of determinants of life satisfaction. Social Indicators Research118(2), 485-514.

Van den Bosch, R., & Taris, T. W. (2014). Authenticity at work: Development and validation of an individual authenticity measure at work. Journal of Happiness Studies, 15, 1-18.

WCED. 1987. Our Common Future. Oxford University. Press: Oxford.